Soprintendenza per i Beni Archeologici

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MUSEO ARCHEOLOGICO DI SAN DALMAZZO DI PEDONA

Panoramica dei reperti di età romanaLa chiesa parrocchiale di S. Dalmazzo, oggi racchiusa nel centro abitato di Borgo S. Dalmazzo, nel Medioevo fu sede di un’abbazia benedettina di straordinaria importanza, fondata all’imbocco delle valli Gesso, Vermenagna e Stura, su antichi ed importanti tracciati stradali in direzione della Liguria e della Francia. Nel nucleo quattrocentesco del palazzo abbaziale è ospitato il museo, che dialoga con un’area archeologica ricca di strutture di epoche diverse, con lo scopo di raccontare la lunga storia dell’insediamento monastico. Indagini archeologiche condotte in concomitanza con il consolidamento della cripta romanica, oggi recuperata al culto dopo secoli di abbandono, hanno consentito di creare un suggestivo percorso di visita al quale il visitatore accede dopo aver approfondito le più significative problematiche dell’insediamento illustrate, insieme ai reperti di scavo, nelle tre sale del museo.

Sin dal cortile d’ingresso si colgono le testimonianze della complessa stratificazione di strutture murarie di epoche diverse: le absidi della chiesa romanica si sovrappongono infatti ai resti dell’edificio di culto di età longobarda (VIII secolo), lasciati a vista sotto una copertura in vetro. L’ingresso al Museo è caratterizzato dall’esposizione del busto-reliquario in argento di S. Dalmazzo (copia dell’originale, risalente al 1594, custodito nella chiesa) e da riproduzioni di dipinti con S. Dalmazzo in veste di soldato romano della legione tebea, di evangelizzatore e di vescovo, con la palma del martirio. La Sala I ripercorre, con l’ausilio di ricostruzioni grafiche basate sul rilievo archeologico, le diverse fasi della lunga storia del sito: dalla necropoli romana alla prima chiesa, costruita nel VI secolo probabilmente sulla tomba attribuita al santo; dall’abbaziale a tre navate, ricondotta all’impulso del re longobardo Ariperto II (701-712), alla prima chiesa romanica, che si sostituì alla precedente verso la metà dell’XI secolo, dotata di una piccola cripta. Infine, illustrata anche dal modello ligneo che campeggia al centro della Sala, l’imponente abbaziale dei primi decenni del XII secolo, con cinque navate precedute da un atrio monumentale e una grande cripta ad oratorio. Un pannello mostra inoltre la consistenza del vasto patrimonio dell’abbazia di S. Dalmazzo nel 1246, quando una bolla di papa Innocenzo IV le confermò le chiese da essa dipendenti, con tutti i possedimenti.

La Sala II presenta i ritrovamenti archeologici della necropoli romana, che ebbe continuità di sepoltura tra la fine del I e il V secolo d.C. e in cui sorse la prima chiesa. Ai reperti riferibili a contesti funerari (corredi ceramici, vitrei e metallici pertinenti a tombe a incinerazione e ad inumazione, alcune mantenute in vista nel percorso archeologico), si aggiungono elementi scultorei provenienti da edifici urbani, reimpiegati nell’abbaziale come materiali da costruzione.

Tra le iscrizioni funerarie di particolare interesseè quella di un addetto alla stazione doganale della Quadragesima Galliarum, a conferma del ruolo primario svolto dalla città di Pedona nei primi sll’impero. La vetrina accoglie mantenute in vista nel percorso archeologico.

Nella prima vetrina della Sala III è visibile un frammento di lastra in marmo bardiglio di Valdieri, decorata con una croce tra le lettere greche alpha ed omega, probabile coperchio di una tomba monumentale a cassa, forse proprio il sepolcro di san Dalmazzo, traslato nella prima metà dell’VIII secolo nel presbiterio della chiesa abbaziale e racchiuso entro un recinto di marmi decorati, di cui sono esposti alcuni frammenti. I disegni ricostruttivi ne ipotizzano le dimensioni, evidenziandone inoltre la ricchezza decorativa e le diverse fasi della lavorazione e della posa in opera, mentre la seconda vetrina riunisce i nuclei di frammenti appartenuti in origine ad una grande recinzione presbiteriale, commissionata verosimilmente dai sovrani longobardi che promossero la fondazione del monastero. L’ultima vetrina accoglie i lacerti del ciclo decorativo in stucco che abbelliva la nuova chiesa edificata nei primi decenni del XII secolo, visibile anche in alcuni punti del percorso archeologico.

 

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