LA SCULTURA IN BRONZO
Una statua equestre in bronzo dorato
Farsi raffigurare con una statua equestre era considerato dai romani un grande privilegio, riservato alle personalità emergenti dello Stato e delle comunità locali.
Le statue, realizzate soprattutto in bronzo dorato, venivano spesso rifuse e quelle tuttora conservate sono poche rispetto alle iscrizioni che ad esse si riferiscono.
A cavallo venivano rappresentati innanzi tutto gli imperatori, vestiti con la corazza o con tunica e paludamentum, come nella celebre statua di Marco Aurelio. La toga sembra invece riservata ai notabili locali, come attestano i due bronzi da Cartoceto, la statua di un decurione da Pompei e alcuni frammenti da Petelia. Statue di questo impegno erano prevalentemente collocate nel foro, in posizione centrale o allineate lungo i suoi lati.
In Italia settentrionale sono numerose le iscrizioni di statue equestri, soprattutto dalla seconda metà del I al II secolo d.C.
Nella sola Torino ottennero questo riconoscimento C. Valerio Clemente, duoviro e patrono della colonia, il decurione P. Cordio Vettiano, forse Q. Glizio Atilio Agricola, console nel 97 d.C.: due dediche a lui rivolte sono infatti incise su lastre dalla particolare forma “a scudo” già adottata nel monumento equestre di Vettiano.
I soli frammenti di statua equestre recuperati a Torino sono venuti alla luce nel 1577, durante la costruzione della chiesa dei SS. Martiri, fra via Botero e via Garibaldi.
Ritrovati insieme, coerenti per dimensioni, tipologia e dettagli tecnici, appartengono a un’unica statua, mentre le differenze della lega, rivelate dalle analisi chimiche, sono frequenti nei grandi bronzi antichi, che venivano fusi in parti separate, poi assemblate per saldatura.
La zampa è quella anteriore destra, flessa e portata in avanti a simulare un passo.
La gamba maschile indossa un calzare (il calceus patricius), con quattro stringhe,su cui è legato uno sperone; all’altezza della coscia restano le pieghe di una toga, i cui lembi si incrociavano sul grembo del cavaliere.
La toga allude a meriti civili più che militari e suggerisce l’identificazione con un notabile locale piuttosto che con un imperatore. Dagli stessi scavi era emersa anche un’iscrizione bronzea, che ricordava l’erezione di una statua equestris a C. Valerio Clemente, patrono della colonia, ma la sua scomparsa lascia incerta l’identità del personaggio.